1. L’Istituto ha conferito a Simone Misiani l’incarico di realizzare – sulla scia delle intuizioni concepite in materia da Luigi Einaudi – una ricerca volta a ricostruire la storia dell’apporto assicurato al processo di crescita economica del Paese dal capitale impiegato nel settore agricolo per il tramite dell’intermediazione creditizia, inquadrando il ragionamento all’interno di una più ampia analisi storica del rapporto tra banche e territorio.
Nel corso del lavoro, l’originaria idea di realizzare una storia del credito agrario sviluppata nel rispetto di canoni più sinottici che filosofico-speculativi e rivolta ad un lettore interessato soprattutto a conoscere i passaggi fondamentali dell’origine e dello sviluppo del credito all’agricoltura è evoluta verso una nuova interpretazione intesa non tanto (o non soltanto) come la ricostruzione storica di un modello, quanto piuttosto come la narrazione ragionata di idee e di accadimenti politico-sociali.
L’ambizione è diventata quella di allargare lo studio da un ambito settoriale a una dimensione generale e da una finalità rivolta essenzialmente alla chiarificazione del passato alla volontà di affrontare la questione strategica del futuro della politica creditizia e del modello di credito speciale, nel più ampio contesto della discussione sulla riforma del sistema del credito in ambito europeo e nazionale.
D’altra parte, il tema del rapporto tra il credito e la trasformazione dell’agricoltura con la nascita della filiera agro-alimentare e i riflessi sull’innovazione del sistema bancario è stato poco considerato dalla storiografia. Si è, dunque, inteso tentare di colmare una lacuna, facendo emergere la centralità del credito e del risparmio nella storia socioeconomica delle campagne.
2. Nel mese di giugno 2023 è stato pubblicato il primo volume della ricerca denominato “Banche, agricoltura e Stato italiano. Un saggio introduttivo: 1861-1946” (clicca qui per la scheda del libro), che descrive il progressivo abbandono del sistema del libero mercato avvenuto nel periodo intercorso tra l’epoca post-unitaria ed il periodo interbellico fino ad arrivare alla legge del 1928. Quest’ultima inaugura una politica di intervento pubblico nel comparto agro-alimentare, che proseguirà anche dopo la caduta del fascismo.
La materia è trattata in una prospettiva originale, focalizzando l’attenzione sull’evoluzione del ruolo della banca da intermediario finanziario fortemente incardinato nel mercato a strumento regolatore del capitalismo. In questa ottica, il modello interpretativo elaborato ha cercato di leggere la relazione esistente tra capitale, terra, lavoro, corpi intermedi e istituzioni politiche, puntando ad andare oltre una visione economicistica e a contestualizzare il funzionamento del credito agrario.
La tesi di fondo del volume è che esiste un rapporto di reciprocità tra il sistema del credito e il mondo rurale, che grazie all’intervento pubblico non si disperde negli anni della grande trasformazione degli anni ‘20 e ‘30. In particolare, la scelta di orientare il risparmio sulla terra costituisce il riconoscimento della necessità, da parte dello Stato, di farsi garante del mercato finanziario inteso come indispensabile strumento per la ripresa economica e per la riduzione della disoccupazione, da perseguire attraverso il finanziamento degli investimenti produttivi e l’allargamento del numero dei proprietari coltivatori.
La causa principale del cambiamento del rapporto tra banche e agricoltura maturato nel periodo interbellico è vista nel prevalere non di interessi economici, bensì di valori morali che hanno determinato l’indirizzo di governo verso una politica di credito speciale volta a dare una risposta adeguata al conflitto sociale del primo dopoguerra ed a favorire la ripresa dalla crisi agraria del 1928 e dalla Grande depressione. Non si rinviene alcuna contrapposizione tra i fautori del sistema di intervento pubblico e i difensori del modello liberale, in quanto il credito speciale è la risposta alle conseguenze della crisi agraria e si afferma facendo leva sulla presenza di una forte cultura della cooperazione e della solidarietà sociale.
Oltre al nucleo centrale del ragionamento, il volume suggerisce una serie di altre innovative interpretazioni storiografiche di grande suggestione quale, in primo luogo, l’anticipazione della collocazione delle origini di un ruolo attivo dello Stato nell’economia del Paese al periodo della storia risorgimentale e dello Stato liberale, dal momento che fin dal raggiungimento dell’Unità ci si pone il problema di collegare la politica degli investimenti alla trasformazione dell’agricoltura.
Viene poi evidenziato il ruolo del credito agrario come presupposto e battistrada del cambiamento del sistema finanziario consacrato dalla legge bancaria del 1936 e, di conseguenza, della nascita del credito industriale, riconoscendo all’agricoltura, in quanto elemento originante l’ordinamento speciale del 1928, una funzione strategica nel progresso economico del Paese.
In terzo luogo, viene chiarito il ruolo fondamentale e non di mero complemento acquisito dal sistema del credito speciale all’agricoltura, per cui vengono riportati alla luce fatti, eventi e protagonisti, fino ad oggi in gran parte rimasti nell’ombra. Ne risulta, in particolare, approfondita la dialettica interna al mondo bancario, laddove viene colta la dinamica del confronto tra interessi industriali e interessi agrari negli anni della Grande depressione e nel periodo precedente lo scoppio della seconda guerra mondiale.
E ancora viene riconosciuta la paternità della riforma del credito agrario del 1928 alle c.d. “élites senza tessera”, cioè a quegli intellettuali che erano stati oggetto di un’abile operazione di riassorbimento da parte del Regime nella consapevolezza che era stata proprio quell’intellighenzia liberale a porre nei decenni precedenti le premesse economiche e giuridiche del necessario cambiamento.
Viene infine suggerito il superamento della convinzione dell’esistenza di un’alleanza organica – piuttosto che di una convergenza transitoria e strumentale da parte del Regime – tra mondo rurale e fascismo.
3. E’ intenzione dell’Istituto completare nei prossimi anni il cammino di ricerca intrapreso e ricostruire ragioni e modalità della sostanziale conferma della legge del 1928 nel nuovo assetto repubblicano in un rinnovato quadro, ispirato e autorevolmente sancito dalla Costituzione che all’articolo 47, comma 2 prevede, fra l’altro, che la Repubblica “favorisce l’accesso al risparmio popolare… e alla proprietà diretta coltivatrice”.
Ciò fino alla decisione adottata nel 1993 di abbandonare il modello di credito speciale all’agricoltura apparso come eccessivamente ostativo rispetto al processo di globalizzazione, senza tuttavia dar luogo ad una struttura ordinamentale in grado di supportare adeguatamente il nuovo modello di agricoltura sostenibile.
Tuttavia, poiché sul mercato vince e conquista quote e clientela chi è in grado di offrire un prodotto con standard adeguati alla richiesta, il modello affermatosi nel dopoguerra è sembrato progressivamente tornare di attualità, non tanto per gli aspetti di tipo protezionistico, quanto per la sua specifica attenzione alla ricerca dei mezzi più adatti alla realtà.
4. Gli approfondimenti condotti sono stati resi più fecondi dall’organico coinvolgimento nell’iniziativa della Fondazione Mario Ravà ETS, costituita nel 1958 per onorare la memoria dell’illustre agronomo, figura di primo piano nel sistema del credito agrario.
In tal modo, è stato possibile coinvolgere organicamente nell’iniziativa anche il mondo dell’agricoltura rappresentato nella Fondazione Ravà dai due enti che, insieme all’Associazione Bancaria Italiana, l’hanno promossa e la sostengono: il Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (Conaf) e la Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali (Fidaf).